Né teorico, né empirista. Né classico, né rivoluzionario. Né idealista, né pragmatico. Leonardo non si attribuisce la missione di onorare il passato o di programmare il futuro, perché il suo entusiastico impegno è, più razionalmente, quello di essere un uomo del presente, che rivolge uno sguardo acuto e originale – oltre che "immediatamente matematico"- alla realtà del suo tempo. In ciò è "solo", nel momento in cui, anziché dedicarsi all'adesione ad una scuola (o alla sua sconfessione), preferisce concentrarsi con passione su un cimento conoscitivo che si disputa interamente nella complessa architettura del rapporto fra soggetto osservante ed oggetto osservato. Il pensiero è, per lui, la prosecuzione e l'approfondimento dell'azione, quel moto meccanico di trasformazione che presiede sia ai fenomeni naturali, sia alle pratiche degli artisti/artigiani. In lui si fondono gli opposti, ma non perché le tradizionali coppie antinomiche (discreto/continuo, scienza/tecnica) pervengano ad una ragionata sintesi; esse si intrecciano, invece, tumultuosamente, nell'immagine viva e "sfumata" di un irrisolto corpo a corpo. Il libro di Luigi Borzacchini, la cui fluidità espositiva aderisce alla sinuose forme dell'emergente filosofia del divenire, rifiuta ogni semplificazione mistificatrice: Leonardo non è il genio universale e incompreso dell'immaginario collettivo, né la figura di passaggio fra medioevo e modernità spesso chiamata strumentalmente a sostenere una visione lineare, evolutiva e teleologica della storia della scienza. Leonardo è, molto più suggestivamente, un libero e fantasioso esploratore di quel senso comune in cui la percezione del mondo si fa capacità di lettura e riscrittura: nasce così la multiforme espressione linguistica – iconica, numerica, geometrica – di una mente che, nel medesimo istante, vede e rappresenta, sperimenta e racconta.