Bruno Galluccio
Camera sul vuoto
Einaudi, 2022
Infinito non è solo lo sguardo. Infinito può essere anche il sentire dell’anima, quando esplora profondità spazio-temporali illimitate. In quell’immensità si abbandona allora, serenamente, ad un’angoscia primordiale, che ripropone, dietro le barriere di cemento della nostra civiltà, la vertiginosa atmosfera della creazione del mondo. Per assaporare questa turbinosa emozione, la mente di un fisico poeta dimentica volutamente la propria scienza, o, meglio, la trasforma in un vorticante flusso di frammenti di metafore, enunciati di teorie, modelli di interpretazione, schegge che, taglienti e leggere, attraversano il vuoto di un appassionato ignorare. Lo scenario dei suoi sogni è un oblio del sapere che continuamente rinasce, modificando l’angolazione secondo cui proiettare, fuori dalla realtà, i suoi arrendevoli perché. Bruno Galluccio, nelle nove sezioni di questa raccolta, articola il suo amore per il mistero come un viaggio che si perde nella storia del pensiero umano, vivendo ogni sua conquista come un gradino pericolosamente affacciato sull’abisso del tutto. Lungo il tragitto, il nulla è solo un confuso rumore di fondo, sovrastato dalla musica di una sala da concerto in cui le parole suonano, mentre a ballare sono le idee, eccitate dalla ricerca di nuovi, possibili paradossi. Al centro si trova un punto di disperato squilibrio, l’appiglio che consente alla scrittura di deviare, obliquamente, ritraendo in singole istantanee le tappe del suo precipitare in un cosmo dall’ordine incomprensibile. Inutile dirlo, non c’è significato che tenga. Il corpo della lingua sfuma, riversandosi nell’assenza di gravità, per disegnarvi innumerevoli spirali: circoli eternamente aperti, traiettorie particellari del desiderio di un ritorno che, da autentico ribelle, sfugge, ostinato, alla minaccia del suo esaudimento.
Margherita Barile
